In questo articolo potete trovare sei video-lezioni sull’Hate Speech realizzate da Fabio Poletto, laureato in Scienze Linguistiche e attualmente ricercatore presso il Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino.
Articolo di Costanza Nardocci, membro di Vox Diritti
In assenza di una definizione condivisa a livello internazionale e in accordo con la Raccomandazione elaborata in seno al Consiglio d’Europa (Recommendation no. R (97) 20 of the Committee Of Ministers to Member States of the Council of Europe on “Hate Speech”), per hate speech si suole intendere un insieme di manifestazioni del pensiero che, come si legge, “spread, incite, promote or justify racial hatred, xenophobia, anti-Semitism or other forms of hatred based on intolerance, including: intolerance expressed by aggressive nationalism and ethnocentrism, discrimination and hostility against minorities, migrants and people of immigrant origin”.
Quanto alle strategie normative di contrasto del discorso d’odio, in difetto di un approccio unanime da parte degli Stati, il diritto internazionale dei diritti umani, ha optato per richiedere agli Stati di fare ricorso allo strumento penale per fronteggiare adeguatamente condotte qualificabili alla stregua di discorsi d’odio.
In questo senso, si sono espressi la Convenzione ONU sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale che, all’art. 4 invita gli Stati a:
“dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull’odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale, nonchè ogni atto di violenza, od incitamento a tali atti diretti contro ogni razza o gruppo di individui di colore diverso o di diversa origine etnica, come ogni aiuto apportato ad attività razzistiche”.
International Convention on the Elimination of All Forms of Racial Discrimination Adopted by General Assembly resolution 2106 (XX) of 21 December 1965
Ancora, analogamente, si può citare, sempre nell’ambito delle Nazioni Unite, l’art. 20 del Patto internazionale sui diritti civili e politici secondo cui:
“1. Qualsiasi propaganda a favore della guerra deve essere vietata dalla legge. 2. Qualsiasi appello all’odio nazionale, razziale o religioso che costituisce incitamento alla discriminazione, all’ostilità o alla violenza deve essere vietato dalla legge”.
International Covenant on Civil and Political Rights Adopted by General Assembly resolution 2200A (XXI) of 16 December 1966
A voler guardare, invece, all’ordinamento dell’Unione Europea, occorre premettere che l’Unione non si è ancora specificatamente occupata del discorso d’odio. L’unione Europea non si è sinora occupata specificatamente del discorso d’odio e difettano disposizioni normative in materia. Qualche indicazione è stata, però, offerta dalla Decisione quadro sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale, che al suo art. 1 riferisce che:
“l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone, o di un suo membro,definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica; la perpetrazione di uno degli atti di cui alla lettera a) mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale; l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro […]”.
DECISIONE QUADRO 2008/913/GAI DEL CONSIGLIO del 28 novembre 2008
Il Presidente Mattarella mette in pratica da diverse settimane un’importante regola di scrittura: “mostra, non raccontare”. E questa scelta sembra efficace
(altro…)Volevamo augurarvi buone feste ricondividendo alcuni tweet di tolleranza verso altre religioni oltre a quella cattolica, ma non ne abbiamo trovati. In compenso però abbiamo letto molti messaggi contro l’Islam. I fatti di cronaca che sembrano aver scatenato odio online sono due: l’attentato terroristico di un uomo che dice di essere musulmano a Strasburgo e l’omicidio di due ragazze danesi in Marocco da parte di un gruppo di persone che dicono di essere di religione islamica.
Come spesso accade, i messaggi negativi veicolano stereotipi molto diffusi su questa religione. Elenchiamo quelli che hanno ottenuto più reazioni, raggruppati per tema.
Il messaggio più ritwittato di dicembre che parla di minoranze religiose è al momento quello di un europarlamentare italiano. L’uomo accusa l’Europa di non aver fatto abbastanza contro il terrorismo e chiede ai follower di ricondividerlo per aggirare il silenzio dei media. Totale: 1586 retweet
Questo tweet, invece, è polemico contro la sinistra che, pur odiando qualsiasi cosa, amerebbe la religione islamica. Viene ricondiviso 669 volte
650 persone hanno ricondiviso quest’invettiva che sembra scagliarsi contro un presunto politically correct terminologico
1033 utenti hanno ricondiviso un messaggio in cui le persone di religione islamica vengono accusate di essere violente
595 sono invece le ricondivisioni di un tweet in cui i profughi sono associati a terroristi che vorrebbero “riconquistare” l’Europa.
560 utenti ritwittano una denuncia di incompatibilità tra Islam ed Europa
Sono infine 470 le ricondivisioni di un tweet che mette in fila il presunto scontro tra Cristianesimo e Islam, lo ius soli e la presunta violenza delle persone di religione islamica.
Per un po’ di tempo lo riscriveremo come un mantra: quelli che leggete non sono discorsi d’incitamento all’odio, ma i post più ricondivisi che parlano dei gruppi vulnerabili che stiamo studiando. Quando li pubblichiamo sui social network, rendiamo anonimi i volti dei loro autori. Questo perché crediamo che l’odio si possa combattere attraverso una cultura della tolleranza e non con azioni altrettanto violente come l’esposizione al linciaggio pubblico.
Ciò che ci interessa è invece ragionare sugli stereotipi che circolano online e offline. Ecco un esempio, tra i più ricondivisi di ottobre:
Questo tweet, come tanti che leggiamo tutti i giorni, esprime un concetto che sembra ormai essersi profondamente radicato nella mente di molte persone che vivono in Italia, ovvero che i gruppi etnici minoritari (rom, migranti, etc.) siano tutelati maggiormente dalle istituzioni politiche. In questo caso l’autore arriva addirittura ad accusare Mattarella di fare favoritismi nei confronti delle persone di origine rom.
Un altro dei meccanismi comunicativi da contrastare è la diffusione dei “video verità” che in realtà sono contenuti altamente decontestualizzati che mirano a screditare un intero gruppo di persone e hanno una viralità molto alta. Per esempio, due tra i contenuti più ritwittati di ottobre hanno all’interno dei clip realizzati con il cellulare e aventi come protagonisti persone di origine rom.
Le attuali alternative a questa massiccia presenza di stereotipi negativi sembrano essere la denuncia e il richiamo a valori morali. Come nell’esempio sottostante, unico messaggio positivo relativo a questo gruppo vulnerabile, tra i più ritwittati. Il problema è capire in che misura ciò produca un’alternativa politica e culturale a quella oggi dominante.