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Contro l’odio è un progetto di ricerca atto a studiare e comprendere il fenomeno dell’Hate Speech promosso da ACMOS, Università degli Studi di Torino1 e Università degli Studi di Bari2 e altre no profit italiane.
La caratteristica principale del nostro lavoro è la raccolta e classificazione automatica dei tweet3 che contengono un incitamento all’odio. Infatti, ogni giorno raccogliamo tutti questi testi in lingua italiana e, successivamente, li filtriamo usando alcune parole chiave. Queste ci permettono di tenere solo i testi rivolti a tre categorie vulnerabili alle discriminazioni: rom, minoranze etniche e religiose. Dopo aver fatto ciò, un classificatore sviluppato per questo progetto distingue automaticamente i testi che contengono Hate Speech da quelli che non lo contengono. Infine, pubblichiamo sul nostro sito diverse visualizzazioni dei dati, aggiornate quotidianamente.
La raccolta dei dati è partita il 1 ottobre 2018. Da quel giorno al 30 settembre 2019 sono stati collezionati 7,9 milioni di tweet rivolti alle tre categorie vulnerabili. Secondo il classificatore, in media il 17,6% di questi testi contiene Hate Speech con una deviazione standard di 1,59. Ciò significa che non ci sono forti variazioni della quantità mensile di odio pubblicato su Twitter.
Invece, il numero di testi collezionati mostra alcune differenze. Come possiamo osservare dal grafico, soltanto a ottobre e gennaio abbiamo raccolto e analizzato più di 1 milione di tweet, mentre Febbraio, con i suoi 28 giorni, è l’unico mese in cui i testi collezionati sono stati meno di 500.000. Infine, da marzo in poi sembra esserci una quantità costante di dati, che oscilla tra i 500 e i 700 mila testi
Un’ultima caratteristica relativa ai dati è che non emergono chiaramente delle regioni o province da dove viene diffuso maggiormente l’Hate Speech, ma ciò è dovuto a un vincolo con cui tutte le persone che studiano questi dati devono confrontarsi: la scarsa quantità di tweet geolocalizzati.
Il primo aspetto che emerge da un anno di raccolta dati è che, se si considera il livello mensile, questi sono omogenei da un punto di vista delle percentuali di Hate Speech, mentre il flusso di tweet, dopo un picco iniziale, risulta stabile. Esiste quindi un odio di sottofondo, costante durante tutto l’arco dell’anno.
Se però osserviamo l’andamento di un mese, ci accorgiamo che esistono importanti oscillazioni. Per esempio, prendiamo in esame il mese di giugno 2019, durante il quale c’è stato lo sbarco della Sea Watch 3.
I dati dell’ISPI relativi a questo sbarco dicono che la nave è stata in mare per 18 giorni, dal 12 al 29 giugno. Eppure, abbiamo un picco di dati soltanto dal 25 giugno in poi: in 6 giorni, è stato pubblicato il 38,3% dei contenuti mensili che parlano delle categorie vulnerabili. D’altra parte, in questo lasso di tempo il livello di Hate Speech è stato del 12,5%, tre punti in meno rispetto alla media di giugno, che tocca il 16,3%.
I dati relativi a questo evento ci permettono di formulare alcune ipotesi. La prima è che potrebbe essere necessario distinguere tra l’evento in sé e la sua narrazione mediatica. Infatti, per 13 giorni su 18 non si è parlato di questo argomento, che poi è esploso con forza soltanto alla fine del mese. La seconda riguarda il calo di Hate Speech. Forse ciò è accaduto perché molti utenti che solitamente non pubblicano contenuti su Twitter, hanno deciso di intervenire in difesa della ONG. Ciò sembra essere confermato dall’analisi dei tweet più ricondivisi durante quei giorni
Lo sbarco della Open Arms, che invece è durato 20 giorni durante il mese di agosto, è speculare a quello della Sea Watch da un punto di vista dei flussi di dati.
Infatti, c’è un picco che dura soltanto 5 giorni, dal 14 al 18 del mese, e che rappresenta il 39% dei contenuti di agosto rivolti alle categorie vulnerabili. Contrariamente ai fatti di giugno, c’è anche un forte aumento dell’Hate Speech. In particolare, si passa dal 9% di Hate Speech rivolti ai migranti il 13 agosto, al 27% del 15 agosto. In totale, in quei 5 giorni i testi che incitano all’odio superano il 22% contro una media mensile del 19,6%.
Se osserviamo i tweet più ricondivisi per ogni giorno nel periodo 14-18 agosto, ci accorgiamo dell’assenza di contenuti a difesa della ONG.
Questo primo anno di raccolta di dati sull’odio ci mostra che l’Hate Speech è una costante significativa. Per comprendere meglio il fenomeno è però necessario osservare cosa succede durante alcuni fatti di cronaca che hanno come protagonisti i membri appartenenti alle categorie vulnerabili alle discriminazioni. Dall’analisi dei due sbarchi di migranti emergono due aspetti rilevanti:
Sembra quindi che per comprendere meglio l’Hate Speech sia necessario capire come questo si propaghi tra le comunità di utenti che partecipano al dibattito, focalizzandosi soprattutto sui più importanti fatti di cronaca che si verificano in Italia.
Le persone manifestano alcuni comportamenti sociali riscontrabili sia nel mondo reale, sia online. Alcuni esempi sono l’aggregazione in comunità, l’omofilia, ossia la tendenza a relazionarsi con persone considerate simili e le camere d’eco.
Su Twitter, le relazioni tra utenti si sviluppano attraverso due strumenti costitutivi del social network. Il primo è la reply, cioè la pubblicazione di un tweet in risposta a un altro utente; il secondo è il retweet, ovvero la ricondivisione di un contenuto, spesso considerato come un endorsement.
Il lavoro che presentiamo in questo articolo ha come obiettivo l’individuazione delle principali comunità di utenti Twitter che ritwittano contenuti su rom, minoranze etniche e religiose.
I dati usati per la ricerca sono tutti quelli raccolti dal progetto Contro l’odio tra gennaio e giugno del 2019. In questo lasso di tempo abbiamo preso in considerazione tutti gli utenti che hanno o sono stati ritwittati almeno una volta. Gli utenti sono stati clusterizzati utilizzando l’algoritmo di Luvain1
Come si può osservare dall’immagine, ogni utente è un nodo della rete, collegato ad altri utenti da uno o più link. Il valore in-degree corrisponde al numero totale di link entranti verso un nodo. In altre parole, la quantità di retweet ricevuti da un utente.
L’assortativity è un valore compreso tra -1 e 1. Più questa è vicina a 1, maggiore è la tendenza degli utenti a ritwittare altri utenti con in-degree simili. Al contrario, se il valore è vicino a -1 significa che gli utenti ricondividono tweet di utenti con un maggiore in-degree.
Ad ogni comunità individuata è associato un colore specifico, che permette di osservarne la struttura a un livello più generale. Per ognuno dei sei mesi analizzati sono stati elaborati una visualizzazione e un set di metriche.
Le reti analizzate sono composte in media da 53.150 nodi e 237.293 link. Sono tre le comunità principali di utenti, che insieme raccolgono il 76% degli utenti e il 80,5 dei retweet.
La prima comunità, rappresentata con il colore verde, è quella con il maggior numero di nodi. La rossa, invece, è caratterizzata da un alto numero di link. Infine, la gialla è quella con l’assortativity più bassa, ossia sembra che ci sia una piccola frazione di utenti molto popolari (in-degree molto alto) i cui tweet sono riproposti da una larga maggioranza di utenti ‘normali’. In particolare sembra che ci siano due nodi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni (anche se in alcuni casi è presente solo il primo) che ricevono un grande numero di retweet da parte di utenti che ricondividono solo i loro contenuti.
comunità_1 (verde) | comunità_2 (rossa) | comunità_3 (gialla) | |
numero medio di nodi (percentuale) | 0.46 | 0.20 | 0.10 |
numero medio di link (percentuale) | 0.33 | 0.45 | 0.27 |
assortativity media | -0.17 | -0.24 | -0.35 |
Anche l’osservazione dei nodi i cui tweet sono molto popolari ci permette di far emergere differenze significative tra di esse. Infatti, soltanto la comunità gialla ha un’unica persona con sempre il più alto in-degree (retweet ricevuti): Matteo Salvini.
Quella rossa invece ha, come utenti principali, giornalisti e blogger di area sovranista: Francesca Totolo, Claudio Perconte, Cesare Sacchetti e Giancarlo De Risi.
Infine, la comunità verde è quella che presenta la più alta variazione, perché al suo vertice si alternano politici, giornalisti e utenti comuni, tutti apparentemente facenti parte di un’area più riformista e liberale.
utente con più retweet della comunità_1 (verde) | utente con più retweet della comunità_2 (rossa) | utente con più retweet della comunità_3 (gialla) | |
gennaio | gadlernertweet | ClaudioPerconte | matteosalvinimi |
febbraio | jacopo_iacoboni | francescatotolo | matteosalvinimi |
marzo | lauraboldrini | GiancarloDeRisi | matteosalvinimi |
aprile | SegreLiliana | CesareSacchetti | matteosalvinimi |
maggio | Marco_dreams | francescatotolo | matteosalvinimi |
giugno | AnnaLeonardi1 | francescatotolo | matteosalvinimi |
Da questa prima analisi emergono quindi alcuni spunti interessanti:
– La comunità verde è la più numerosa, ma non produce una quantità di link (retweet) altrettanto significativa. Inoltre, non sembra avere degli utenti che vengono stabilmente ritwittati dagli altri membri della rete.
– La comunità rossa è invece caratterizzata dalle molte ricondivisioni di tweet e da un gruppo di giornalisti, blogger e influencer sovranisti in grado di diffondere in maniera capillare i loro contenuti
– La comunità gialla, infine, è molto piccola sia in termini di nodi sia di link, ma è altamente organizzata. La bassa assortativity può fare ipotizzare che sia in gran parte costruita attorno a due utenti: Matteo Salvini e, seppur in misura minore, Giorgia Meloni.
Il 16 e 17 ottobre 2019 a Torino presso la sede del Gruppo Abele di Corso Trapani 91/b, verrà organizzato un convegno sullo Hate Speech. L’evento, collegato alle celebrazioni dei 20 anni dell’associazione ACMOS, si propone di attivare un confronto sul tema tra persone che lavorano in ambiti diversi, in modo da condividere ed evidenziare prospettive di intervento e problemi relativi al contrasto dello Hate Speech. Non solo, il convegno è aperto anche a cittadini interessati ad approfondire questa problematica.
Il convegno è strutturato in due parti. La mattina del 16 ottobre, dalle 9:30 alle 13:00 ci sarà un’assemblea iniziale, alla quale sono stati invitati ospiti dal mondo della politica, della ricerca, del giornalismo e dell’attivismo.
Nel pomeriggio, dalle 14:30 alle 17:30 e la mattina del 17 ottobre, dalle 9:30 alle 11:30 ci saranno quattro tavoli tematici dove si discuterà di Hate Speech da quattro diverse prospettive:
Anche ai tavoli tematici sono stati invitati esponenti che si occupano di questo tema in diversi ambiti. Ognuno di loro preparerà un intervento di tre minuti su un aspetto relativo all’incitamento all’odio, quindi comincerà il dibattito.
Al termine della mattinata ci sarà una plenaria conclusiva, dalle 11:45 alle 13, durante la quale i partecipanti ai diversi tavoli tematici si confronteranno sugli esiti dei loro dibattiti.
h 9.30- 13.00, Assemblea di lancio.
Intervengono:
Cathy La Torre, avvocato e attivista di Odiare ti Costa
Federico Faloppa (University of Reading – Programme Director for Italian Studies, coordinatore del Tavolo nazionale contro i discorsi d’odio di Amnesty International)
Maria Teresa Martinengo (consigliera dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte e della Valle d’Aosta)
Laura Boldrini interverrà tramite Skype
h 14.30-17.30 Tavoli tematici
Partecipano ai tavoli tematici:
Francesca Chiusaroli (Università di Macerata – Professoressa di Glottologia e Linguistica);
Sara Tonelli (Head of Digital Humanities research group – Fondazione Bruno Kessler);
Cristina Bosco, Viviana Patti e Giancarlo Ruffo (Università di Torino – Dipartimento di Informatica);
Giuseppe Noto (Presidente Sifr (Società Italiana di Filologia Romanza)-Scuola);
Alberta Giorgi (Università di Bergamo – Ricercatrice in Sociologia Generale – Dipartimento di Lettere, Filosofia e Comunicazione);
Mariachiara Giorda (Università Roma Tre – Professoressa di Storia delle Religioni – Dipartimento di Studi Umanistici);
Christian Racca (TOP-IX);
Cataldo Musto (Università di Bari – Dipartimento di Informatica);
Costanza Nardocci (Associazione VOX diritti);
Roberta Zaccagnini e Giulia Pirozzi (Amnesty International);
Ilaria Zomer (Centro Studi Sereno Regis);
Alessia Giannoni (COSPE);
Dolores Forgione (ISES);
Maria José Fava (Libera);
Abdullahi Ahmed (Generazione Ponte);
Igor Stojanovic (I rom per il futuro);
Alessandra Coppola (No Hate Speech Movement Italia);
Emanuele Russo (Cifa ONG for Children);
Luca Guglielminetti (Progetto Exit Europe);
Suad Maddahi (Progetto #ioaccolgo);
Ramona Boglino e Giulia Toffanin (ACMOS).
Il tavolo tematico relativo alla scuola è organizzato insieme al CIDI di Torino. La partecipazione all’evento è riconosciuta come formazione docenti da parte del MIUR
Sono state invitate al dibattito politico tutte le segreterie di partito della Regione Piemonte.
h 9.30-11.30 Proseguimento dei tavoli tematici
h 11.45-13.00 Plenaria conclusiva
È possibile partecipare sia alle plenarie, sia ai tavoli tematici compilando il form sottostante.
Uno dei tweet più ricondivisi il 6 agosto è stato quello di Udo Gümpel, corrispondente in Italia per la rete televisiva ntv Nachrichten, che riportava una notizia sullo stato occupazionale dei profughi in Germania. Poiché l’articolo era scritto in tedesco, abbiamo chiesto agli utenti della nostra pagina Facebook una mano per tradurlo. Il risultato è questo articolo che restituisce una panoramica molto articolata del fenomeno.
Articolo originale: Mehr Flüchtlinge als erwartet finden Arbeit
Traduzione di Paola D. G.
I profughi in Germania trovano più velocemente lavoro di quanto ci si aspettasse, nonostante le più difficili condizioni di partenza. Un esperto del mercato del lavoro fa i conti.
I rifugiati trovano lavoro in Germania più velocemente di quanto si pensasse, al netto di condizioni di partenza peggiori, spiega l’esperto di mercato del lavoro. Molti sono impiegati in lavori semplici e mal pagati, ma uno su due presta servizio come specialista o lavoratore specializzato.
L’integrazione dei rifugiati sul mercato del lavoro procede più rapidamente del previsto, secondo l’esperto. “Prevediamo che in autunno il 40% dei profughi in età lavorativa avrà un impiego” spiega Herbert Brücker dell’istituto tedesco per il mercato del lavoro e per la ricerca sulle professioni (IAB). “Perciò l’integrazione sul mercato del lavoro procederebbe di un anno più rapidamente rispetto a quanto stabilito ai tempi dei primi flussi di rifugiati verso la Germania.”
Dalle prime esperienze con i migranti, i ricercatori del mercato del lavoro avevano stabilito che nei seguenti 5 anni circa uno su due avrebbe fatto ingresso nel mondo professionale trovando un impiego. Al momento, circa il 36% dei rifugiati tra i 15 e i 64 anni avrebbe un’occupazione, cioè tra i 380000 e i 400 000 individui, dice Brücker, che all’IAB dirige la ricerca sulla migrazione, integrazione e mercato del lavoro internazionale. Molti sarebbero lavoratori interinali con stipendi abbastanza bassi. “Inoltre si riscontra una elevata percentuale di rifugiati nel campo della gastronomia, della sicurezza, delle pulizie, delle costruzioni e nella sanità.”
Circa il 50% dei rifugiati avrebbe però un lavoro specializzato o da specialista ed esperto, spiega Brücker.”È un dato sorprendentemente alto, se si pensa che solo 1 su 5 tra i rifugiati aveva ottenuto un diploma professionale o una laurea prima di emigrare”. Ciò si spiegherebbe con il fatto che i rifugiati nelle loro nazioni di provenienza avrebbero svolto comunque mestieri qualificati benché privi di titoli scolastici, chiarisce l’esperto. “In paesi come la Siria non c’è un corso specifico per diventare meccanico, come da noi. Si impara sul campo”.
Brücker si dice complessivamente “abbastanza soddisfatto” dell’integrazione dei rifugiati nel mondo del lavoro. I presupposti di partenza dopo il loro numeroso arrivo nel 2015 erano sembrati “particolarmente difficili”, riflette, perché la lingua araba è molto più lontana da quella tedesca rispetto, ad esempio, alle lingue slave parlate dai migranti giunti in Germania negli anni 90 dai Balcani.